venerdì 27 settembre 2013

Elementi di Marketing per Guidi Barilla

La mia illusione che quella del marketing e della comunicazione fosse una professione come tutte le altre, ovvero una che se sei un professionista serio e preparato la svolgi serenamente e con soddisfazione, crollò il giorno in cui iniziò la mia prima vera e seria, pura e dura, esperienza di mobbing.
 
Il background era di una semplicità mostruosa: azienda oscura, di quelle che non potrebbero sopravvivere se non avessero alle spalle un grande gruppo che ne commercializza i prodotti sovrapponendoci sopra il proprio marchio. Azienda, cosa lo dico a fare, gerarchica, maschilista, abitata esclusivamente da parenti di qualcuno e sciacalli di passaggio nel disperato tentativo di ricostruirsi un prestigio e una reputazione da rivendere a concorrenti più quotati. Questa azienda compie il clamoroso errore di investire seriamente in comunicazione (ma se non hai niente da dire non importa quanto lo dici bene), assumendo per il progetto una persona esterna selezionata esclusivamente in base alle proprie doti professionali. Quindi, del tutto casualmente, giovane, femmina, non imparentata con nessuno all'interno e financo poco incline a trombarsi i dirigenti che contano. Grave errore da parte dell'azienda, che ha sprecato i soldi di uno stipendio, e da parte della candidata, che se fosse stata meno giovane e meno ingenua col cavolo che avrebbe accettato la sfida. Ma ero io, e quindi ero là, ancora illusa di potermi guadagnare lo stipendio lavorando bene.
 
Per qualche mese faccio il mio lavoro con pazienza e diligenza, fregandomene della gelida atmosfera che mi circonda, e finalmente riesco a convocare la riunione per la presentazione della prima inevitabile cosa da fare: dare l'impressione che i depliant, le locandine e i libretti delle istruzioni dei cento prodotti dell'azienda sembrino, per l'appunto, provenienti da una stessa azienda. E non, come succedeva fino ad allora, dall'idea geniale di uno dell'amministrazione, dalla creatività frustrata della moglie del fattorino, dal meraviglioso lavoretto stile art-attack del nipotino dell'amministratore delegato, eccetera.
 
Trattandosi di una vasta gamma di prodotti genericamente definibili "per la famiglia", e avendo a disposizione un budget limitato, dopo lunga consultazione con l'agenzia di pubblicità si stabilisce di proporre una soluzione molto semplice e durevole: si abbina ad ogni prodotto una foto di stock che rappresenta un'immagine di vita familiare, ispirata al valore principale che secondo noi dovrebbe ispirare la scelta del prodotto stesso: per il prodotto ispirato alla tranquillità mettiamo una mamma che legge una storia alle sue bimbe nel lettone, per il prodotto ispirato alla sicurezza mettiamo un papà che corre dietro alla bici dove il bimbetto col casco impara ad andare senza rotelle, per il prodotto che aiuta a progettare il futuro mettiamo il nonno che sorride al nipotino, eccetera. Poi a tutte queste foto applichiamo il medesimo filtro di photoshop e colorizziamo il tutto con una tinta che identifichi in modo univoco il canale di distribuzione.
 
Insomma, siamo onesti: una soluzione di una semplicità e di una banalità tali che io per prima ammetto che avrebbe potuto arrivarci chiunque, anche la moglie del fattorino, anche molto prima di spendere i milioni che l'azienda ha speso negli anni per immaginarsi uno stile di comunicazione diverso per ognuno dei suoi prodotti. Ma se proprio c'era bisogno di qualcuno che avesse dato l'esame di marketing all'università, beh, ecco fatto, che ne dite?
 
Il Mega Capo Galattico dice che si tratta dell'esatto primo passo di cio' che lui aveva in mente assumendo me per coordinare la comunicazione aziendale ed anticipa che da qui partiranno un tot di progetti in cui lui crede, bla, bla. I Mega Capi delle due divisioni sotto di lui dicono che gli sembra un buon inizio, e tutto sommato danno la loro benedizione.
 
Ma all'improvviso, uno dei capetti delle vendite prende la parola ed annuncia che ok, come idea di massima niente da dire, poteva arrivarci chiunque... ma in realtà non crede che il tipo di immagini scelte rappresenti correttamente l'idea di famiglia che dovrebbe essere il target della comunicazione dell'azienda.

 
Spuntano nella sala riunioni un tot di fumetti con al centro un punto interrogativo.
 
Lui, dopo una lunga introduzione sul suo personalissimo concetto di marketing (probabilmente appreso dal fascicolo dedicato alla materia nella raccolta Zio Paperone e i Misteri dell'Economia Aziendale), non si possono veicolare i valori delle famiglie attraverso immagini incomplete. Come possono quelle due bambine essere tranquille nel lettone con la mamma che gli legge la storia, se nell'immagine non si vede anche la figura rassicurante di un papà. Mancando questa, si potrebbe pensare che il papà sia morto, o in giro a bere per conto suo... e perchè non c'è una mamma che applaude il giovane ciclista? Come può il bambino sentirsi sicuro se non ha le braccia di una mamma tra cui fiondarsi con la bici? Per non dire del nonno a cui è stato dato l'inquietante compito di rappresentare il futuro della famiglia... è chiaro che nell'immagine manca una generazione...
 
Quando in una riunione viene sparata una sequenza di cazzate di queste proporzioni, io mi illudo sempre che qualcuno dall'alto, non dico Dio con un fulmine, che ci vorrebbe, ma almeno un Mega Capo Galattico dotato di saggezza e di potere, intervenga e rimetta a posto il genio di turno. Invece, tanti anni di esperienza mi hanno insegnato che i Mega Capi Galattici sono le persone più inclini dell'universo a lasciarsi distrarre dalle poderose sequenze di cazzate. Ora che ho alle spalle anche qualche anno di frequentazione con rappresentanti della prima infanzia, vi garantisco che è molto più difficile convincere un bambino a continuare ad avere fiducia in Babbo Natale, che spiegare ad un Mega Capo che un progetto non sarà consegnato entro fine Dicembre a causa del traffico di renne nei cieli del Nord Europa.
 
E poi, in quel caso specifico, come vi ho già detto, era in atto la prima, premeditatissima, mossa ufficiale di una seria e condivisa intenzione di mobbing alla sottoscritta. Infatti, nel giro di un nanosecondo, tutte le persone presenti in sala riunioni convenivano che nessun messaggio rassicurante rivolto ai valori della famiglia potesse essere veicolato con immagini che non comprendessero famiglie schierate al completo fino alla sesta generazione di affini.
 
Ovviamente non fu difficile modificare le grafiche garantendo in ogni foto di stock la presenza di una mamma e di un papà, di un figlio maschio e di una figlia femmina. Solo una perdita di tempo e di impatto creativo, ma in fondo chi se ne frega. Il mio rapporto con quell'azienda finì un annetto dopo, per tutta una serie di motivi ben più validi di questo ridicolo tentativo di boicottare me sparando nelle palle del potenziale impatto grafico dei propri prodotti.
 
L'episodio mi è tornato in mente ieri pome, leggendo della polemica conseguente alle stupidaggini sparate da Guido Barilla sull'utilizzo esclusivo di immagini di famiglie tradizionali nella comunicazione dei suoi prodotti.
 
Giuro che Guido Barilla non era nel novero dei coglionazzi che mi fecero perdere un casino di tempo vent'anni fa, ma se lo desidera posso dargli i contatti Linkedin dei suddetti, casomai li voglia assumere per circondarsi di un management degno dell'enorme contributo che ha appena finito di dare all'immagine della sua azienda.
 
Ciò detto, però, mi permetto di solidarizzare un po' anche coi professionisti che scelgono le immagini da abbinare al concetto di "primo marchio che ti deve venire in mente quando pensi alla famiglia che si riunisce intorno alla tavola".
 
Perchè la pubblicità non deve rappresentare il potenziale utente del prodotto, bensì il suo desiderio.
 
Se io ho una famiglia, non importa di quante persone e di che genere, e vedo l'immagine di una famiglia felice che si cala uno spago, la pubblicità funziona se il mio pensiero è "come sarebbe bello se anche la mia famiglia potesse essere cosi' felicemente riunita davanti a uno spago". Il problema non è se i personaggi della pubblicità rappresentano la mia realtà, ma se io interpreto come un accrescimento della qualità della mia vita aspirare all'emozione che mi arriva attraverso quello spot.
 
Guido Barilla è stato cretino non perchè ha detto che non vuole fare lo spot con la famiglia arcobaleno che mangia la pasta, ma perchè ha detto che le famiglie diverse da quella della sua pubblicità possono anche non comprare i suoi prodotti.
 
Che tra l'altro è come dire che i biscotti del mulino bianco devono mangiarli solo gli uomini grassi e le galline.
 
O che vent'anni fa dovevano mangiarli solo quelle famiglie popolate da personaggi cosi' imbecilli che dopo aver abbandonato la città per trasferirsi a vivere nell'antico mulino in culo ai lupi circondato da campi di grano, continuavano a mettere in tavola il pan carrè del supermercato.
 
Conclusione:
 
Se quando ci mettiamo a tavola vogliamo mangiare un buon piatto di buona pasta, magari prodotta con materie prime di buona qualità, Barilla non è esattamente il prodotto che fa per noi.
 
Se viviamo la pasta come il simbolo dei pasti allegri della famiglia felice, l'immagine di una famiglia (non importa composta come) felice potrebbe farci venire voglia, per associazione di idee, di mettere in tavola la pasta di quella marca per la gioia della nostra famiglia (non importa composta come).
 
Ma se il padrone di quel marchio ha appena detto che se non siamo uguali alla famiglia della sua pubblicità possiamo anche andare a far spesa dalla concorrenza...
 
Beh, l'Allegra Famigliola ha guardato tante pubblicità e a maggioranza ha stabilito che la Famiglia Della Pubblicità che gli assomiglia di più è quella abbinata a un altro marchio di prodotti carboidrati.
 
E questo UNO perchè crediamo profondamente che nessuna famiglia sia uguale alla famiglia tradizionale della pubblicità, DUE perchè in ogni caso preferiamo mangiare pasta biologica di ottima qualità, ma anche e soprattutto TRE perchè la responsabile delle decisioni d'acquisto alimentari dell'Allegra Famigliola è assolutamente solidale con la causa dei comunicatori seri, creativi e professionali che ogni giorno si trovano a dover avere a che fare con degli imbecilli certificati che ricoprono posizioni chiave nelle aziende che gli pagano lo stipendio.


mercoledì 25 settembre 2013

Signora mia come vola il tempo

Otto anni fa a quest'ora iniziavo a malapena a rendermi conto che quel batuffolo che era uscito da me era veramente un bambino.

Oggi lo vedo sul divano che legge questo libro (!) alla sorella (!!!!!!!) dopo aver passato il pomeriggio a scegliere una bici della sua taglia, che per inciso è la più piccola delle misure da grandi...

Ed in effetti si, è da mo' che il mio cucciolacchiotto è diventato un ragazzino.

Io continuo ad essere la mamma più orgogliosa del mondo. Con la differenza, rispetto a otto anni fa, che ora so anche dire perchè.