venerdì 22 maggio 2015

Dice, il saggio.

mi pare ieri che una Pulce tutta timida e tremante mi confessa che avrebbe voglia di abbandonare la ginnastica artistica ed intraprendere un corso di danza hip hop.

(Spiegami bene amore: mi stai dicendo che non vuoi che io paghi la cifra dell'anno scorso per iscriverti ad un corso che la società sportiva non ha voglia di attivare dato che il cosiddetto centro di avviamento è una preselezione da cui se non passi direttamente alla squadra agonistica non interessi a nessuno, quindi se nonostante tutto ti sei divertita e vuoi ripetere l'esperienza ti prendono, ma dalle otto alle nove di sera tanto per disincentivarti ancora un po'? E contestualmente mi informi che torneresti alla tua vecchia cara scuolina di danza, ma non per incasinarti con punte e tutù bensì per concederti un'oretta di sano divertimento in scarpe da tennis al ritmo di una musica toga? E me lo stai chiedendo per piacere quasi scusandoti di star deludendo chissà quale mia aspettativa?)

...hum.... Vabè.... Se proprio ti piace... E contestualmente prometti di finire tutti i compiti prima della lezione... Ok.

Pare ieri, dicevo, invece la scuola è già quasi finita ed è già tempo di saggi.

Saggi ovvero, che io sapessi, "momento in cui la scuolina che hai finanziato per nove mesi ti restituisce appunto un saggio di quello che le piume delle tue piume hanno appreso grazie alla generosa retta da te puntualmente versata in anticipo per nove costosissimi mesi".

Quello di hip hop durerà esattamente per il tempo di "i like to move it".
Le bambine non saranno in t-shirt e scarpe da ginnastica, bensì mascherate da animaletti di Madagascar.
La pulce nello specifico fa parte del team di pinguini che balleranno solo una piccola parte della coreografia, il poco che sono riuscite ad imparare frequentando monosettimanalmente.
Per la confezione del costume da pinguino ho dovuto comprare una camicia bianca e un papillon e sborsare otto euro e cinquanta per quello che doveva essere un gilet ma poi è diventato una tshirt con attaccata sopra una pancia bianca.
Il becco che ci è stato fornito non sta su.
Il saggio si terrà in un teatro fuori città.
La pulce dovrà andarci alle 12.30 per provare, e poi presentarsi alle 18.30 per far iniziare lo spettacolo alle 19.
Per vedere il saggio, ogni membro della nostra famiglia (due genitori, un fratellone, tre nonni) dovrà acquistare un biglietto dal modico prezzo di euro cinque.
Dico modico, perchè altri saggi costano quindici.
Aggiungere dieci euro per il cd con le foto e altri 10 per il dvd con il filmato.

Hompromesso alla Pulce che l'anno prossimo se vorrà potrà tornare a danza, ma solo fino a marzo, poi basta.

Ha obiettato che a lei piace molto fare il saggio.

Le ho detto che con quel che risparmio non facendoglielo fare me ne viene per portatla a Gardaland.

Ha detto che ci sta.

Ne riparliamo a settembre, e poi magari anche a Marzo.

giovedì 19 febbraio 2015

Salvati dalla Crisi

Se questo blog sopravviverà a sè stesso, più che un "mamma-blog" finirà per diventare il diario di una disperata ricerca di organizzazione domestica. Certo, il sogno sarebbe di avere uno di quei blog (ma soprattutto una di quelle case!) dove centomila sfumature di bianco si sovrappongono in una serie di foto di soluzioni perfette ed immacolate, mentre la realtà è che potrei al massimo fare delle foto "prima" e "dopo", se solo non mi rendessi conto che ormai a casa mia si possono scattare solo le foto del "prima", e se le pubblicassi arriverebbero i servizi sociali a portarmi via i figli, e non ci sarebbe più neanche un "durante" da fotografare.
 
Lo scoppio del casino è di fatto avvenuto con la nascita della Pulce, ma ce ne rendiamo conto solo adesso perchè negli ultimi sei anni c'è stata una santa donna che veniva periodicamente a sbarrare la strada ai germi.
La mitica R avrebbe avuto bisogno di un blog tutto dedicato a lei, nel bene e nel male. Intanto però c'era, ed era una componente fondamentale della qualità delle nostre vite. Ma nel frattempo, è arrivata la Crisi.
 
E cosi' un giorno d'estate, con circa tre ore lavorative di preavviso sulla partenza del suo aereo, la cara R ci ha annunciato che la situazione socio-economico-politica del nostro paese non le dava più sufficienti rassicurazioni circa la possibilità di mantenere la sua famiglia, e che per tal motivo andava di nuovo all'estero a cercare fortuna, questa volta negli States.
 
Siccome la Crisi si sta facendo sentire anche per noi, con tutto il dispiacere di perdere quello che ormai a tutti gli effetti era un membro della nostra famiglia, inizialmente abbiamo accolto questa notizia con grande entusiasmo. Entusiasmo durato esattamente per il tempo necessario al massiccio intervento riorganizzativo che mi ha permesso di eliminare tutte le fastidiose tracce del fatto che io e R avevamo idee poco compatibili sul concetto di ordine. Ma quando si è trattato di stabilire nuove routine che includessero la manutenzione della casa nella mia complessa agenda di impegni giornalieri e settimanali, è scattato il panico.
 
E cosi', contraddicendo tutti i miei principi sia sull'organizzazione domestica che sull'educazione dei figli, mi sto trasformando nella classica casalinga irrisolta e lamentosa, sempre troppo presa a sgridare gli autori di sporco e disordine per dedicarsi ad un'allegra, gioiosa e soprattutto condivisibile routine di manutenzione della casa con la collaborazione ed il coinvolgimento di tutti.
 
Ma guardiamo il lato positivo. La Pulce, che a scuola sta ricevendo elogi per l'impegno e per la costanza, ma soprattutto inviti a rimanere concentrata sulla singola cosa da fare anzichè perdersi come sua madre tra viaggi sulle nuvole e affannose ricerche di inutili dettagli, ha recentemente portato a casa una verifica di Italiano ai limiti del disastroso. Non perchè non abbia acquisito le abilità letto-scrittorie richieste a questo punto dell'anno scolastico, ma perchè appunto le manca quel minimo di senso delle priorità che può farti decidere, ad esempio, che è meglio compilare tutto il dettato con un pastello o con una punta da salumiere, piuttosto che provare a memorizzare le parole e scriverle tutte insieme quando hai finito di far pace col temperino.
Per fortuna si è ripresa alla grande nell'esercizio di "lettura e comprensione" che richiedeva ai giovanissimi esaminandi di produrre piccoli disegni che rappresentassero il contenuto di una serie di piccole frasi: una mela sul tavolo, un aereo tra le nuvole, la mamma che stira.
 
Ecco, se la R non ci avesse abbandonati nell'attuale delirio gestional-domestico, la Pulce non avrebbe avuto la benchè minima idea di cosa cacchio bisognasse disegnare sotto all'ultima frase.
 

 

sabato 20 settembre 2014

Guida allo shopping per mamme di femmine

Pulcina Pulcetta, lo sai che per andare in Prima Elementare ti servirà uno zainetto?

Certo che si, e intendo scegliermelo proprio io da sola.

E dimmi, hai già in mente qualcosa in particolare? Perchè io lo so che hai preso tutto dalla mamma, e molto probabilmente son già mesi che disegni nella tua testa lo Zainetto Perfetto e poi sarà dura convincerti a scendere a patti con l'amara realtà dei Modelli Disponibili... quindi stavo giusto pensando di prendermi qualche minuto in queste pigre vacanze piovose per aiutarti a guardare col tablet quel che c'è, per capire cosa ti piace e magari ordinarlo online e risparmiare anche un bel po'.

Si, va bene. Guardiamo quello che c'è, così ti dico quale vorrei.

Questo mi fa schifo, quest'altro manco morta, questo men che meno. Questo potrebbe andare, se solo ce ne fosse uno uguale ma non rosa. Perchè, mamma. A me il rosa mi ha stufatissima. E anche il fucsia, e anche il violetto di Violetta.

(eliminiamo quindi il 97% degli zainetti disponibili per il target femminile della prima elementare).

Ah, e non voglio nemmeno l'arancione, e assolutamente no il rosso il verde e il blu che sono troppo da maschi. Ovviamente niente marrone che è il colore della cacca. E niente grigio e niente nero, che non sono abbastanza colorati, per essere dei colori.

Facciamo che googliamo la foto di un arcobaleno e tu inserisci uno spillo sull'esatta tonalità che colora il tuo Zainetto Immaginario?

Ma no!! Il mio zainetto dovrà essere azzurro chiaro o viola scuro, e sopra dovranno esserci dei disegni con un po' di argento e giallo oro. Al limite anche rosa, ma giusto poco poco e solo nei disegni.

E dimmi dei disegni. C'è un'immagine che ti piacerebbe avere sul tuo zainetto? Sai, ad alcuni bambini piace avere sullo zainetto l'immagine di un personaggio preferito... ma potrebbe essere anche un disegno: stelle, cuori, animaletti...

I cuori andrebbero bene. E anche le stelline, le farfalle... o un animaletto, un personaggio. Però deve essere una cosa che mi piace molto.

Aggiungerei, qualora tu scegliessi un personaggio, di concentrarci su quelli che ti rappresentano. Uno che sia simile a te per carattere, e che sia simpatico e ti faccia sorridere indipendentemente dalle mode. Altrimenti potresti stufartene presto...

Il Pituffo dice che alla Pulce starebbe bene lo zainetto della Pucca. Possibilmente, uno della Pucca arrabbiata con tutti i fulminini. O della Pucca che insegue Garu che scappa.

Non ci voglio la Pucca sul mio zaino. Al massimo Ring Ring. (quando si dice avere autocoscienza)

Oppure la Puffetta! La Puffetta è smorfiosa quanto basta, e sta sempre in mezzo ai maschi, e puta caso ci sarebbe questo zainetto di Puffetta in questo tono di viola assai particolare...
Quel viola mi fa schifo, e anche la Puffetta.

Minnie? Paperina?  La Strega Cattiva? Nellie Olleson? Trixie Tang? Dai, aiutami a pensare ad altri personaggi che mi stiano simpatici come te quando ti sale questa spocchia...

No dai, sai chi ci metterei sullo zainetto, di personaggio proprio come vorrei essere io?
No dai, dimmelo... Barbie? Una Monster High bella e mannara? Una leggiadra fatina Winx? La dolce ed appetitosa Peppa Pig?
Ma mamma!! Peppa è da bebè e ormai io sono troppo grande anche per Barbie e le Monsterhigh e le Winx!! Voglio lo zainetto di Sam di iCarly!!

Certo, come ho fatto a non pensare a una che è già stata più volte in riformatorio. Però sai Pulce, la maggior parte dei tuoi coetanei non ha ancora scoperto Sam di iCarly. E temo che l'unico volto umano disponibile sugli zainetti sia quella faccia da patata lessa di Violetta che piuttosto ti mando a scuola coi libri avvolti nell'elastico...

Vabè, allora niente personaggi. Magari prendo lo zainetto con un animaletto. O con un personaggio animaletto. O con un animaletto di un personaggio, ad esempio il gattino della Bella Addormentata di cui all'apposito videogioco. O la Coccinella Scintillante che ho appena sbloccato in Littlest Pet Shop. Anzi no, Lilli di Lilli e il Vagabondo, che da quando mi sono portata a casa il peluche da Disneyland siamo inseparabili. No Dalmata dei Centouno che era il peluche transizionale dell'anno scorso e ormai è superato. No coniglietto di Bambi. Puzzola di Bambi potrebbe andare se solo lo zainetto fosse azzurro e non viola... che noia mamma hai visto che da quando abbiamo detto che non vogliamo zainetti rosa stiamo trovando solo zainetti viola? Non lo voglio più lo zainetto viola, tengo solo azzurro chiaro o azzurro scuro. Il viola al massimo un pochino nel disegno.

Anzi sai cosa? Credo che prenderò uno zainetto di nessuno-in-particolare, uno da grandi, con un bel disegno carino, magari un cuore o una farfalla, guardo solo se mi piacciono i colori. Certo che uffa, com'è che gli zainetti senza troppo rosa e senza troppo viola hanno dei disegni troppo da maschio?

Vabè Pulce, lasciamo stare. Adesso aspettiamo che arrivino i primi di Settembre, ci infiliamo in un posto con un buon assortimento, io ti libero nel reparto zainetti e tu mi raggiungi alla cassa quando ne hai trovato uno che ti va bene. Oggi però andiamo a fare una pedalata fin dall'altra parte dell'isolato, che la mamma di una tua amica ha detto che quella brutta cartoleria scura con il cartolaio antipatico, l'assortimento polveroso e i prezzi gonfiatissimi ha cambiato gestione ed ora pare sia un ambiente gradevole, con dei ragazzi giovani e gentili. Noi andiamo là ad ordinare i libri di scuola, che tanto non si possono sbagliare, e con l'occasione vediamo se è vero.

Signor Cartolaio, già che la sua giovane età, il suo entusiasmo e la sua cortesia corrispondono pienamente alla recensione della mia amica, non è che sarebbe così' gentile da darci anche una rapida panoramica del suo assortimento di zainetti scuola?

Beh ci sono quelli che forse avete già visto in vetrina...

E che non mi piacciono neanche un po'.

Poi ci sono questi con le facce ma sono più da grandi...

... E qui in alto, a meno che non vogliate assolutamente concentrarvi sulle nuove collezioni, ho delle splendide occasioni di zaini in saldo... mi dica lei se vuole che glieli tiri giù, perchè a un primo sguardo mi sembrano più adatti a ragazzini più grandi...

Eh, in effetti.

Comunque non si preoccupi, siamo ancora solo ai primi di Agosto, mi arriveranno altre cose, se vuole, quando viene a ritirare i libri a Settembre...

Ma io il mio zainetto l'ho già scelto, lo voglio comperare adesso.

Quattro occhi a forma di punto interrogativo si posano contemporaneamente sulla Pulce, che si limita ad alzare un braccino verso uno degli zainetti in saldo.

Per prima cosa mi colpisce il cartellino del prezzo. Sarebbe ridicolo anche per uno zaino in plastica cinese, e invece stiamo parlando del marchio leader di mercato.

Roba che non posso neanche dirle di pensarci ancora qualche giorno dato che si tratta di un investimento destinato a ripartirsi sui cinque anni. In compenso sono perfettamente consapevole che, comunque vada l'evoluzione dei gusti della Pulce, acquisirei un delizioso bagaglio a mano destinato a viaggiare con me per l'eternità.

Quindi forse l'elevatissima probabilità che si distrugga a seguito dei mille giri in lavatrice a cui il color cielo pallido lo destina automaticamente non è poi del tutto una disgrazia.

Pulce, ma sei sicura-sicura? E' un azzurro così chiaro...

E' il mio colore superpreferitissimo.

E sei sicura che ti vada bene così semplice, con una decorazione così' piccola? Perchè guarda che se te lo compro, poi non importa quante pubblicità passano in TV o quanti altri zainetti vedi nei negozi, se prendi questo poi non puoi preferirne un altro...

C'è una farfalla. Avevo detto che farfalla andava bene. E' azzurro. Avevo detto che lo volevo azzurro. Quindi è lui. Me lo compri?

E fu così che arrivammo sani, salvi, convenientemente dotati ed economicamente non rovinati alla Prima Elementare.


Ora che son riuscita a sbloggare il post è finita anche la prima settimana. E già ne avrei da dire... speriamo di ricominciare a sbloggare!!!



domenica 5 gennaio 2014

Se bella vuoi apparire...

Confesso, l'ho detto anche io a mia figlia. Perchè vuole i capelli lunghi come Rapunzel, anche se le ho vieppiù volte fatto notare che la strada di Rapunzel verso la felicità si sblocca nell'esatto istante in cui il suo amato le trancia la chioma trasformandola in un caschetto sbarazzino. Niente da fare.

Ma al di là del fatto che se ha ereditato la sensibilità di sua madre farsi toccare i capelli la infastidirà a sangue per tutta la vita, e che le auguro di scegliersi al più presto un'acconciatura meno esigente, mi sono organizzata per riuscire a districarle i nodi facendole meno male possibile. Uso chili di balsamo, lubrifico con l'apposito districante a secco e spazzolo con l'apposita spazzola appositamente studiata per limitare la sofferenza delle bambine.

Perchè credo che ogni donna, ad ogni età, abbia diritto alla bellezza che desidera, e credo anche che per averla non si debba necessariamente patir male.

Speravo anche di riuscire, nel tempo, a trovare argomenti sufficienti per convincere mia figlia a rinunciare, crescendo, ai classici rituali autolesionistici della crescita: ceretta, piercing, tatuaggi... non perchè io sia in qualche modo contraria ai loro effetti, anzi, ma solo perchè non mi piace l'idea che si debba patire cosi' tanto male per una cosa che tutto sommato non è così tanto necessaria. 

Ma questo è un discorso che si può affrontare con una giovane donna che è già consapevolmente entrata nel mood autolesionistico tipico dell'ormone femminile, non con una bimbetta che considera anche la rimozione di un cerotto un grave attacco alla sua integrità fisica.

Peccato che nell'estate 2012, all'età di tre anni e mezzo, questa bambina abbia conosciuto un'amichetta al mare e che questa amichetta, solo un anno più grande, avesse gli orecchini.
Orecchini, mi confermò la di lei madre, installati non da bebè come tradizione di alcuni, ma pochi mesi prima, a seguito di accorata richiesta della bambina stessa.

Bambina che a quattro anni e mezzo oltre agli orecchini sfoggiava ciabatte infradito con tre centimetri di tacco e altri accessorietti che le davano un aspetto decisamente da mini-adulta. Da un rapido confronto tra me e la di lei madre uscii imprudentemente rassicurata: le bambine crescono inseguendo i loro modelli, vedrai che la Pulce chiederà precocemente di studiare e farsi una cultura.

Mamma,  posso prendermeli anche io gli orecchini come quelli della mia amica?

Certo amore, quando sarai un po' più grande. Per adesso possiamo divertirci con gli orecchini adesivi.

Coi quali l'ho tenuta buona per un anno. Fino al giorno in cui, stessa spiaggia, stesso mare, stessa amichetta, e quest'anno anche la di lei sorellina, ormai treenne, aveva assolutamente voluto imitare la sorella con la storia degli orecchini.

La Pulce, le cui doti logico-matematiche generalmente non sono all'altezza di quelle del fratello alla stessa età, ci stupisce con un ragionamento ineccepibile: se la mia amica ha cinque anni e ha gli orecchini, e sua sorella di tre anni ha gli orecchini, io che ho quattro anni sono abbastanza grande per mettere gli orecchini. Adesso.

Si che lo sei, però devi sapere che bisogna fare i buchini nelle orecchie, e che questa operazione comporta una certa dose di dolore fisico. Insomma, niente di che, però bisogna essere sicuri sicuri sicuri di quello che si va a fare.

Allora aspetto un altro po'.

Il mio sospiro di sollievo è durato esattamente un mese. Alla fine delle vacanze varco con la pulce la soglia del Centro Commerciale Gran Capriccio e lei si fionda nella parafarmacia, attratta da un cartellone che mostra una bimba piccola come lei con un bellissimo orecchino nel lobo e le informazioni sul fatto che i buchi sono disponibili nel negozio.

Fortunatamente troviamo una parafarmacista molto gentile e saggia, che dedica alla Pulce qualche minuto mostrandole gli orecchini disponibili e supportandomi nello spiegare che è meglio aspettare di essere un po' più grandi. O che la mamma sia più pronta, mi sussurra strizzandomi l'occhio.

Non lo ero, in effetti, per due motivi fondamentali. Il più importante, legato all'idea che una bimba di quattro anni e mezzo dovesse patire dolore per un motivo così futile. L'altro era un discorso di ordine pratico ed igienico: la probabilità di infezione da contatto con manine sporche di parco, di impigliarsi giocando, l'ira delle maestre dell'asilo qualora gli orecchini dessero fastidio al pisolino pomeridiano che loro continuano ad imporre anche ai bimbi grandi...

Ma sapevo anche che, se sono universalmente considerate in errore le mamme che "impongono" i buchi a bambine troppo piccole e non sufficientemente motivate, non possono essere considerate innocenti neanche quelle che frustrano un'ambizione innocente di una figlia alla luce di paranoie solamente loro.

Allora, volendo essere onesti, il discorso igienico si sarebbe aggirato bucando alla vigilia di una vacanza scolastica, magari di natale o di pasqua per evitare il sudore estivo.

Rimaneva il problema del dolore: come parlarne con una bambina che non ne aveva mai provato, con l'obiettivo di arrivare a capire se era pronta a sopportarlo per ben due volte?

Provo ad affidarmi a Youtube, convinta che avremmo visto immagini di bambine coraggiose che affrontano il secondo buco coi lacrimoni... e invece ci sono capitate bambine tranquille e serene che ottengono i loro orecchini senza dolore grazie ad una leggera anestesia.

Alla Pulce non ho dovuto dire niente. Alla milionesima richiesta di orecchini è stato sufficiente informarla che saremmo dovuti ripassare al Centro Commerciale Gran Capriccio qualche giorno prima di Natale perchè capisse tutto.

Ma questa volta ad accoglierci non c'era una parafarmacista esperta e saggia, bensì una stronzetta con le unghie finte, una di quelle, ce l'ha stampato in fronte, convinta di sapere tutto sui bambini e soprattutto su quelle stronze delle loro madri, soprattutto quelle crudeli che obbligano le bambine a bucarsi le orecchie prima dell'adolescenza.

Mentre finge di finire di metter via qualcosa prima di dedicarsi a mia figlia, faccio la vaga e le chiedo cosa usino come anestetico.

Ah no, non si usa.

Ovviamente ero pronta all'idea di dovermi comprare da sola del ghiaccio spray, casomai mi avessero detto qualcosa di credibile a proposito del non volersi prendere il rischio di mettere un farmaco ad una bambina piccola senza ricetta o simili, ma se mi vieni a dire "non si usa" come se fosse una scelta dell'universo, quando io mi sono informata e so benissimo che è una bugia, tu cerchi rogne.

Mah, veramente ci siamo documentate e...

Ma guardi che le bambine piangono lo stesso.

Ma almeno io e lei avremmo la coscienza a posto per aver fatto il possibile per evitarlo.

Ma guardi che il gel fa effetto in dieci minuti.

Oh, non abbiamo fretta.

Ma guardi che ci vogliono meno di dieci minuti a fare i buchi.

Non c'è problema, tanto dobbiamo ancora scegliere gli orecchini, faremo con calma.

Magicamente da dietro l'espositore degli orecchini appare un tubetto di gel alla lidocaina, già aperto e pronto da spalmare sulle orecchie della Pulce, che in tutto questo non ha ancora fatto mezza grinza.

Guardiamo l'orologio per calcolare i dieci minuti, scegliamo gli orecchini, veniamo anche raggiunte dalla parafarmacista saggia che ovviamente non si ricorda di noi ma in ogni caso è molto gentile e ci presta un giornalino per ingannare l'attesa.

La stronzetta torna e, non prima di aver specificato tre o quattro volte ad alta voce che la Pulce (che sta seduta sul trono con la schiena eretta, lo sguardo determinato e un sorriso imperturbabile alla Grace Kelly) sembra molto agitata, spara i due orecchini senza che la piccola apra bocca. L'unica lotta che è servita è stata per strapparle di mano lo specchio con cui non smetteva più di rimirarsi.

Visto che alla fine non ha pianto?

Perchè era molto motivata. Ma a me quelle che non piangono preoccupano anche di più.

Come mai?

Perchè se ne accorgono dopo.

Ho passato circa dodici ore col terrore di cosa sarebbe successo al termine dell'effetto della lidocaina, ma non è successo assolutamente niente.

Sono ancora arrabbiatissima, perchè se io non fossi la solita rompiscatole a mia figlia sarebbe stato negato un aiuto perfettamente disponibile ed innocuo.

E perchè questo sarebbe stato fatto per semplice cattiveria, o forse per il gusto ancestrale di giustificare che "chi bella vuol apparire...".

E perchè alla fine la Pulce ha veramente detto di aver sentito un po' di malino, ma di aver fatto finta di niente perchè voleva tanto gli orecchini. (conoscendola, e sapendo quanto piange anche solo per un graffietto, immagino che abbia sentito solo il rumore dello sparo)

Ma se davvero la sua motivazione ha avuto un ruolo cosi' determinante, perchè nessuno le ha rivolto la parola prima di dirle "stai ferma che sparo"? Non serve certo uno psicologo infantile per capire se una bambina è convinta o meno.

Concludendo:
questo è il risultato e io ne sono molto contenta.




Non per gli orecchini in sè, che potevano aspettare anche un altro anno o dieci, ma perchè sono riuscita ad evitare a mia figlia di compiere il primo atto autolesionistico della sua carriera di giovane donna.

Sperando che l'input di "evitare di farsi del male da sola", per quanto partendo da piccoli gesti simbolici, la accompagni per tutta la vita...




lunedì 30 dicembre 2013

Cinque!!!

Ieri ci siamo infilati al centro commerciale con la scusa di far merenda, in realtà perché volevo portare il Pituffo a prendere un regalino che, ligio alla tradizione, era in attesa di riassortimento post-natalizio.

Improvvisamente mi è venuto il flashback del ventinove dicembre di cinque anni fa, più o meno alla stessa ora, quando abbiamo portato il Pituffo a far merenda nello stesso centro commerciale perché c'era troppa neve in terra per andare altrove, e per poco non partorivo contro una vetrina.

Cinque anni dopo, il clima era completamente diverso, infatti venivamo da una passeggiata in campagna, l'affollamento era completamente identico... Ma la cosina  che mi ha fatto impiegare trenta minuti a compiere cinquanta metri cinque anni fa si è trasformata in una meravigliosa, benché smorfiosissima, cinquenne.

Per farvela vedere com'è dovrei pubblicare uno dei milioni di selfies che si scatta col mio telefono, anche se ha le braccia corte e la prospettiva non le rende merito. O il primo piano che il  papà ha ha scattato al suo orecchino appena sparato.

Deciderò e integrerò . Ora è meglio che corro a farle una tortina, che oggi mi tocca andare in ufficio...

giovedì 14 novembre 2013

Il metodo Kinder (fondamenti di marketing per mamme)

E adesso stai a vedere che colei che era convinta di aver volontariamente rinunciato alla carriera e financo rinnegato il suo background accademico in nome della maternitá si ritrova a scrivere un blog di marketing per mamme e affini. No, non credo che sarà così. Ė solo una coincidenza, davvero! Sto per sbloggare un banalissimo aneddoto domestico, e mi è solo venuta l'associazione di idee.

Col caso Kinder, che per quanto mi riguarda è il marchio-mito di come con una buona comunicazione si possa vendere anche il ghiaccio ai pinguini. Io guardo i prodotti Kinder ed improvvisamente la casalinga provvida, salutista e buongustaia che è in me lascia il posto alla donna di marketing che sconvolta da cotanto genio si fionda a comprare la qualunque in quantità industriale solo per premiare  la bravura di questi sconosciuti che si ostina a vivere come colleghi.

Perché vedete. Il cioccolato è tanto più prezioso quanto più cacao contiene. Solo la Kinder riesce a venderci "più latte e meno cacao" convincendoci che sia il meglio per i nostri figli e facendocelo pagare quanto un 70% cacao della pasticceria. Ma il genio non si ferma qui: sempre loro hanno inventato l'uovo di pasqua che si vende tutto l'anno e non si sono fermati qui, arrivando a superare la più ineluttabile delle stagionalità, quella che impediva di vendere il cioccolato d'estate. Perché si scioglie. Infatti loro c'è lo vendono sciolto con allegato il cucchiaino. Miti. Geni. Il cioccolato bianco mi fa schifo ma ve lo compro uguale perché vi stimo troppo.

Fatta questa premessa, il mio caso familiare, che non sa di cioccolato bensì di patate al forno.
Dovete sapere che dopo quasi dieci anni di matrimonio ho svelato a mio marito che in realtà nelle patate al forno che tanto gli piacciono c'è l'aglio che lui è convinto di detestare. Il che mi ha permesso di tornare finalmente a usare l'aglio fresco invece di quello in polvere. a quel punto ovviamente il rischio era che i bimbi addentassero uno spicchio per sbaglio e per associazione di idee iniziassero a schifarmi l'ennesimo vegetale.

Insomma. Stufa di scavare preventivamente nelle patate, un giorno dichiaro: ragazzi, in queste patate c'è uno spicchio d'aglio. Chi se lo ritrova nel piatto e me lo consegna vince cinque centesimi. Se lo mangiate per sbaglio e non piangete i cinque centesimi diventano dieci.

Beh. Da un annetto l'aglio nelle patate è il nostro personale Biscotto Zebrato. Devo metterne minimo due spicchi per garantire maggiori probabilità di vittoria, e comunque li devo contare, perché eè troppo facile dire "l'ho mangiato" e farsi pagare spicchi inesistenti.

(Se vi viene un'idea simile che si possa applicare alle verdure in generale vi dò cinque centesimi anche a voi!)

venerdì 27 settembre 2013

Elementi di Marketing per Guidi Barilla

La mia illusione che quella del marketing e della comunicazione fosse una professione come tutte le altre, ovvero una che se sei un professionista serio e preparato la svolgi serenamente e con soddisfazione, crollò il giorno in cui iniziò la mia prima vera e seria, pura e dura, esperienza di mobbing.
 
Il background era di una semplicità mostruosa: azienda oscura, di quelle che non potrebbero sopravvivere se non avessero alle spalle un grande gruppo che ne commercializza i prodotti sovrapponendoci sopra il proprio marchio. Azienda, cosa lo dico a fare, gerarchica, maschilista, abitata esclusivamente da parenti di qualcuno e sciacalli di passaggio nel disperato tentativo di ricostruirsi un prestigio e una reputazione da rivendere a concorrenti più quotati. Questa azienda compie il clamoroso errore di investire seriamente in comunicazione (ma se non hai niente da dire non importa quanto lo dici bene), assumendo per il progetto una persona esterna selezionata esclusivamente in base alle proprie doti professionali. Quindi, del tutto casualmente, giovane, femmina, non imparentata con nessuno all'interno e financo poco incline a trombarsi i dirigenti che contano. Grave errore da parte dell'azienda, che ha sprecato i soldi di uno stipendio, e da parte della candidata, che se fosse stata meno giovane e meno ingenua col cavolo che avrebbe accettato la sfida. Ma ero io, e quindi ero là, ancora illusa di potermi guadagnare lo stipendio lavorando bene.
 
Per qualche mese faccio il mio lavoro con pazienza e diligenza, fregandomene della gelida atmosfera che mi circonda, e finalmente riesco a convocare la riunione per la presentazione della prima inevitabile cosa da fare: dare l'impressione che i depliant, le locandine e i libretti delle istruzioni dei cento prodotti dell'azienda sembrino, per l'appunto, provenienti da una stessa azienda. E non, come succedeva fino ad allora, dall'idea geniale di uno dell'amministrazione, dalla creatività frustrata della moglie del fattorino, dal meraviglioso lavoretto stile art-attack del nipotino dell'amministratore delegato, eccetera.
 
Trattandosi di una vasta gamma di prodotti genericamente definibili "per la famiglia", e avendo a disposizione un budget limitato, dopo lunga consultazione con l'agenzia di pubblicità si stabilisce di proporre una soluzione molto semplice e durevole: si abbina ad ogni prodotto una foto di stock che rappresenta un'immagine di vita familiare, ispirata al valore principale che secondo noi dovrebbe ispirare la scelta del prodotto stesso: per il prodotto ispirato alla tranquillità mettiamo una mamma che legge una storia alle sue bimbe nel lettone, per il prodotto ispirato alla sicurezza mettiamo un papà che corre dietro alla bici dove il bimbetto col casco impara ad andare senza rotelle, per il prodotto che aiuta a progettare il futuro mettiamo il nonno che sorride al nipotino, eccetera. Poi a tutte queste foto applichiamo il medesimo filtro di photoshop e colorizziamo il tutto con una tinta che identifichi in modo univoco il canale di distribuzione.
 
Insomma, siamo onesti: una soluzione di una semplicità e di una banalità tali che io per prima ammetto che avrebbe potuto arrivarci chiunque, anche la moglie del fattorino, anche molto prima di spendere i milioni che l'azienda ha speso negli anni per immaginarsi uno stile di comunicazione diverso per ognuno dei suoi prodotti. Ma se proprio c'era bisogno di qualcuno che avesse dato l'esame di marketing all'università, beh, ecco fatto, che ne dite?
 
Il Mega Capo Galattico dice che si tratta dell'esatto primo passo di cio' che lui aveva in mente assumendo me per coordinare la comunicazione aziendale ed anticipa che da qui partiranno un tot di progetti in cui lui crede, bla, bla. I Mega Capi delle due divisioni sotto di lui dicono che gli sembra un buon inizio, e tutto sommato danno la loro benedizione.
 
Ma all'improvviso, uno dei capetti delle vendite prende la parola ed annuncia che ok, come idea di massima niente da dire, poteva arrivarci chiunque... ma in realtà non crede che il tipo di immagini scelte rappresenti correttamente l'idea di famiglia che dovrebbe essere il target della comunicazione dell'azienda.

 
Spuntano nella sala riunioni un tot di fumetti con al centro un punto interrogativo.
 
Lui, dopo una lunga introduzione sul suo personalissimo concetto di marketing (probabilmente appreso dal fascicolo dedicato alla materia nella raccolta Zio Paperone e i Misteri dell'Economia Aziendale), non si possono veicolare i valori delle famiglie attraverso immagini incomplete. Come possono quelle due bambine essere tranquille nel lettone con la mamma che gli legge la storia, se nell'immagine non si vede anche la figura rassicurante di un papà. Mancando questa, si potrebbe pensare che il papà sia morto, o in giro a bere per conto suo... e perchè non c'è una mamma che applaude il giovane ciclista? Come può il bambino sentirsi sicuro se non ha le braccia di una mamma tra cui fiondarsi con la bici? Per non dire del nonno a cui è stato dato l'inquietante compito di rappresentare il futuro della famiglia... è chiaro che nell'immagine manca una generazione...
 
Quando in una riunione viene sparata una sequenza di cazzate di queste proporzioni, io mi illudo sempre che qualcuno dall'alto, non dico Dio con un fulmine, che ci vorrebbe, ma almeno un Mega Capo Galattico dotato di saggezza e di potere, intervenga e rimetta a posto il genio di turno. Invece, tanti anni di esperienza mi hanno insegnato che i Mega Capi Galattici sono le persone più inclini dell'universo a lasciarsi distrarre dalle poderose sequenze di cazzate. Ora che ho alle spalle anche qualche anno di frequentazione con rappresentanti della prima infanzia, vi garantisco che è molto più difficile convincere un bambino a continuare ad avere fiducia in Babbo Natale, che spiegare ad un Mega Capo che un progetto non sarà consegnato entro fine Dicembre a causa del traffico di renne nei cieli del Nord Europa.
 
E poi, in quel caso specifico, come vi ho già detto, era in atto la prima, premeditatissima, mossa ufficiale di una seria e condivisa intenzione di mobbing alla sottoscritta. Infatti, nel giro di un nanosecondo, tutte le persone presenti in sala riunioni convenivano che nessun messaggio rassicurante rivolto ai valori della famiglia potesse essere veicolato con immagini che non comprendessero famiglie schierate al completo fino alla sesta generazione di affini.
 
Ovviamente non fu difficile modificare le grafiche garantendo in ogni foto di stock la presenza di una mamma e di un papà, di un figlio maschio e di una figlia femmina. Solo una perdita di tempo e di impatto creativo, ma in fondo chi se ne frega. Il mio rapporto con quell'azienda finì un annetto dopo, per tutta una serie di motivi ben più validi di questo ridicolo tentativo di boicottare me sparando nelle palle del potenziale impatto grafico dei propri prodotti.
 
L'episodio mi è tornato in mente ieri pome, leggendo della polemica conseguente alle stupidaggini sparate da Guido Barilla sull'utilizzo esclusivo di immagini di famiglie tradizionali nella comunicazione dei suoi prodotti.
 
Giuro che Guido Barilla non era nel novero dei coglionazzi che mi fecero perdere un casino di tempo vent'anni fa, ma se lo desidera posso dargli i contatti Linkedin dei suddetti, casomai li voglia assumere per circondarsi di un management degno dell'enorme contributo che ha appena finito di dare all'immagine della sua azienda.
 
Ciò detto, però, mi permetto di solidarizzare un po' anche coi professionisti che scelgono le immagini da abbinare al concetto di "primo marchio che ti deve venire in mente quando pensi alla famiglia che si riunisce intorno alla tavola".
 
Perchè la pubblicità non deve rappresentare il potenziale utente del prodotto, bensì il suo desiderio.
 
Se io ho una famiglia, non importa di quante persone e di che genere, e vedo l'immagine di una famiglia felice che si cala uno spago, la pubblicità funziona se il mio pensiero è "come sarebbe bello se anche la mia famiglia potesse essere cosi' felicemente riunita davanti a uno spago". Il problema non è se i personaggi della pubblicità rappresentano la mia realtà, ma se io interpreto come un accrescimento della qualità della mia vita aspirare all'emozione che mi arriva attraverso quello spot.
 
Guido Barilla è stato cretino non perchè ha detto che non vuole fare lo spot con la famiglia arcobaleno che mangia la pasta, ma perchè ha detto che le famiglie diverse da quella della sua pubblicità possono anche non comprare i suoi prodotti.
 
Che tra l'altro è come dire che i biscotti del mulino bianco devono mangiarli solo gli uomini grassi e le galline.
 
O che vent'anni fa dovevano mangiarli solo quelle famiglie popolate da personaggi cosi' imbecilli che dopo aver abbandonato la città per trasferirsi a vivere nell'antico mulino in culo ai lupi circondato da campi di grano, continuavano a mettere in tavola il pan carrè del supermercato.
 
Conclusione:
 
Se quando ci mettiamo a tavola vogliamo mangiare un buon piatto di buona pasta, magari prodotta con materie prime di buona qualità, Barilla non è esattamente il prodotto che fa per noi.
 
Se viviamo la pasta come il simbolo dei pasti allegri della famiglia felice, l'immagine di una famiglia (non importa composta come) felice potrebbe farci venire voglia, per associazione di idee, di mettere in tavola la pasta di quella marca per la gioia della nostra famiglia (non importa composta come).
 
Ma se il padrone di quel marchio ha appena detto che se non siamo uguali alla famiglia della sua pubblicità possiamo anche andare a far spesa dalla concorrenza...
 
Beh, l'Allegra Famigliola ha guardato tante pubblicità e a maggioranza ha stabilito che la Famiglia Della Pubblicità che gli assomiglia di più è quella abbinata a un altro marchio di prodotti carboidrati.
 
E questo UNO perchè crediamo profondamente che nessuna famiglia sia uguale alla famiglia tradizionale della pubblicità, DUE perchè in ogni caso preferiamo mangiare pasta biologica di ottima qualità, ma anche e soprattutto TRE perchè la responsabile delle decisioni d'acquisto alimentari dell'Allegra Famigliola è assolutamente solidale con la causa dei comunicatori seri, creativi e professionali che ogni giorno si trovano a dover avere a che fare con degli imbecilli certificati che ricoprono posizioni chiave nelle aziende che gli pagano lo stipendio.